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Nuovo investitore per Spotify

Il nuovo azionista per Spotify si chiama Mason Morfit, a capo della società di investimenti ValueAct

Spotify attira investitori e l’ultimo in ordine di tempo è Mason Morfit della società di investimenti ValueAct, che ha sede a San Francisco. L’interesse nei confronti della piattaforma di streaming musicale e podcast è stato confermato a seguito di un evento presso la Columbia University.

L’interesse di ValueAct per Spotify

La motivazione principale alla base di questo concreto interesse è l’atteggiamento pionieristico di Spotify nei confronti di nuovi mercati e nuovi settori, a cominciare da podcast e audiolibri, fino ad arrivare alle chat room, con investimenti notevoli che l’hanno portata ad essere sempre di più un valido punto di riferimento.
E a beneficiarne sono tutti i soggetti coinvolti, dai creatori ai proprietari di diritti d’autore, soggetti attivi nella creazione di un modello economico completamente nuovo e moderno.

Riferendosi al taglio dei costi, che ultimamente, come già detto in un precedente articolo, ha avuto come conseguenza il licenziamento del 6% dei dipendenti, Morfit ne parla come una selezione inevitabile, dove si decide quale settore salvare, perché destinato a lunga vita, e quale invece abbandonare, poiché la sua fase di meteora si sta esaurendo.

Daniel Ek ha confermato questo trend, ma ha anche ammesso che l’errore è stato investire prima che i ricavi crescessero: questo ha portato alla dolorosa e ponderata decisione di tagliare l’organico in tutta l’azienda, che sicuramente darà i suoi frutti nel futuro prossimo e remoto. Gli obiettivi, infatti, rimangono ambiziosi e non c’è alcuna intenzione di ridimensionarli.

I podcast, settore irrinunciabile nei progetti futuri di Spotify

Il podcasting, ad esempio, è al centro di una strategia costosa ma fondamentale, poiché rientra ampiamente nei progetti di Spotify. L’acquisizione di società di podcasting e dei diritti esclusivi su importanti spettacoli ha richiesto un investimento oneroso ma inevitabile se si voleva diventare leader anche in questo settore, come in effetti è avvenuto.

Questa scelta è stata fatta per migliorare i margini di profitto di Spotify. Infatti, nella musica, il 65-70% delle entrate è condiviso con l’industria musicale, mentre con audiolibri e podcast si può puntare a entrate maggiori. Ovviamente ciò non si è ancora verificato, poiché si tratta di un obiettivo a lungo termine, quindi la sofferenza si sta sentendo a breve termine, in attesa di un cambio di rotta.

È qui che entra in gioco ValueAct, intenzionata a sostenere Spotify in questo momento di insicurezza economica, con una riduzione dei costi giusta e controllata.

Le mosse da fare: aumentare la pubblicità e i costi degli abbonamenti

A questo punto, la mossa giusta da fare, se si vuole dare la spinta decisiva ai podcast, è aumentare sensibilmente le attività pubblicitarie e di sponsorizzazione, senza tralasciare gli strumenti che potrebbero portare ad opportunità di monetizzazione per i produttori di podcast. In questo caso, le entrate economiche riguarderebbero sia i podcaster sia Spotify.

Un’altra strada da seguire per portare in tempi brevi le entrate è rappresentata dall’ipotesi di aumentare i prezzi dei propri prodotti cardine, a cominciare dagli abbonamenti premium per l’accesso alla musica. L’industria musicale sarebbe ovviamente favorevole, poiché ne gioverebbe in seconda battuta.

Spotify sta sicuramente valutando l’eventualità, e probabilmente anche ValueAct appoggerebbe questa decisione, magari cercando anche di spostare più abbonati verso pacchetti premium allettanti ma più costosi.

Ancora una volta, dunque, sono tante le questioni da chiarire e da scegliere, ma sembra che le idee siano chiare e che l’orizzonte, per Daniel Ek e la sua piattaforma, sia privo di nuvole. Basta superare la tempesta in atto.