Dedicata a Giulia Cecchettin la puntata speciale del podcast di Anna Vagli

Dopo il successo della prima stagione, la serie podcast Disumani torna ad essere raccontata dalla scrittrice e criminologa Anna Vagli, che ha voluto dedicare una puntata speciale al caso di Giulia Cecchettin, staccandosi completamente da quello che sarà il tema principale affrontato nella seconda stagione della serie podcast (disponibile dal 9 febbraio 2024): le donne serial killer.

La puntata speciale prodotta da Podcastory esce oggi in occasione della cerimonia di laurea in Ingegneria biomedica in memoria di Giulia che si terrà alle ore 11 nell’aula magna dell’Università di Padova.

“nella speranza che Giulia non sia mai dimenticata…”

Perché hai deciso di dedicare una puntata speciale di “Disumani” a Giulia Cecchettin?

Sicuramente la volontà è che Giulia Cecchettin non venga mai dimenticata. Tutto nell’immediatezza fa rumore, ma in qualità di esseri umani siamo portati a dimenticare. Anche per sopravvivenza emotiva. Oggi, 2 febbraio, ai familiari di Giulia verrà consegnato il diploma di laurea. Un traguardo che la giovane non ha potuto tagliare perché il suo ex fidanzato ha deciso di ucciderla proprio qualche giorno prima che lo facesse.

Cosa ti ha colpito di più di questa vicenda?

La giovane età di Giulia Cecchettin e di Filippo Turetta. E la scelta del ragazzo di ucciderla perché Giulia aveva deciso di appartenere solamente a sé stessa. E questoper lui era intollerabile.

Anna Vagli, scrittrice e criminologa forense

Qual è il profilo psicologico di Filippo Turetta?

Filippo è un narcisista patologico covert, e come tale è un vampiro energetico. Non poteva accettare
che la sua ex brillasse più di lui. Nella vita e negli studi. E allora per la propria sopravvivenza emotiva gli era rimasta una sola possibilità: eliminarla. Cancellarla nella sua identità. Per questo l’ha uccisa.

Attraverso le la minaccia serpentina di uccidersi che rivolgeva alla ex nelle settimane precedenti a quella in cui l’ha uccisa, incoraggiava Giulia a farsi carico della sua infelicità.Un’infelicità che velatamente cercava di imputarle. Attraverso l’arma potentissima del senso di colpa e del ricatto morale cercava di controllarla e manipolarla. Come tutti i narcisisti maligni.

A tuo parere perché la storia di Giulia ha catturato tanto l’attenzione dell’opinione pubblica rispetto ad altri delitti di femminicidio?

Anzitutto, perché Giulia aveva solamente 22 anni, era la tipica ragazza della porta accanto. Studiosa, riservata, di buona famiglia. Con una vita intera davanti a sé. Una vita fatta di sacrifici e sogni. Insomma, la sorella, la figlia, l’amica che ciascuno di noi ha conosciuto almeno una volta nella vita.

Quali errori sono stati commessi dai media nel raccontare questa vicenda?

C’è chi ha detto che Giulia avrebbe dovuto accorgersi dei segnali che le inviava Filippo. Che avrebbe potuto coglierli e mettersi in salvo. Ma lei, no. Non poteva farlo. Queste affermazioni sono scriminanti che noi utilizziamo per sentirci meno colpevoli. La verità è che era poco più che ventenne e come tale
era priva dell’attrezzatura emotiva e degli strumenti per capire che da certe relazioni e da certi legami c’è solo una cosa da fare: scappare.

Come giudichi la propensione dei media di fornire dettagli sulla vita in carcere di Turetta?

Purtroppo, in casi mediatici di questo tipo presto il posto da protagonista nella sinistra scena viene assunto da chi resta: quindi dall’assassino. E si sa fornire i dettagli su chi è, che cosa fa e come si
comporta è fonte di interesse.

E invece, credi davvero che Giulia Cecchettin possa non essere più dimenticata? E che, in qualche modo la sua vicenda possa contribuire a contrastare un fenomeno come il femminicidio?

La violenza contro le donne è una grave patologia che richiede una rivoluzione culturale che non sarà immediata. Proprio perché bisogna agire non arginandola, ma estirpandola se davvero vogliamo che le cose cambino per davvero. Giulia era una ragazza giovanissima e certamente la sua storia ha già portato, numeri alla mano, a raddoppiare le richieste di aiuto al 1522, il numero predisposto presso la
Presidenza del Consiglio dei ministri proprio per la tutela delle donne che subiscono violenza.

 

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