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Branded podcast sulla cresta dell’onda

Nessuna crisi per i podcast ma, piuttosto, un cambio di rotta verso un prodotto più specifico: i branded podcast

Avevamo già accennato, con il nostro precedente articolo, ad un nuovo trend che avrebbe caratterizzato l’andamento dei podcast, ed ora arrivano conferme anche dalle piattaforme più conosciute e popolari.

Dopo gli anni del boom e dell’accrescersi dell’attenzione nei confronti di questi nuovi contenuti audio, ora stiamo assistendo ad una fase di assestamento e consolidamento, che coincide con la questione dell’aspetto economico.

Podcast: cosa succederà ora che il settore è diventato popolare?

Spotify, ad esempio, che ha investito molto in podcast negli anni passati, ha deciso ora di proseguire su quella rotta ma, al contempo, di andarci piano con i nuovi contenuti e le nuove produzioni.

Segnale d’allarme dunque? Non proprio, poiché è fisiologico, dopo il successo che deriva dalle novità, attraversare un momento diverso, con una curva di nuovi utenti e nuovi debutti che non è più così impennata ma stabilmente positiva.

A rendere questo periodo interessante è un nuovo orizzonte, già in fase di attuazione, che è quello dei Branded podcast. Le aziende, infatti, si stanno avvicinando a questa alternativa per comunicare la loro mission e avvicinarsi alla propria audience, ma anche per aprire un canale audio per fare advertising.
Ormai, infatti, gli esempi di questo tipo, con una sezione dedicata ai podcast sui loro siti ufficiali, sono sempre più diffusi tra i marchi internazionali.

Nessuna crisi, per i podcast arriva un periodo di assestamento

Di questo fenomeno ha parlato anche il Guardian, che, analizzando la situazione attuale, giustifica il calo registrato ultimamente considerando un assestamento post pandemia, con una fisiologica diminuzione degli ascolti online.
Non a caso, nel 2020 erano stati lanciati 1,1 milioni di podcast, nel 2021 729.000 e l’anno scorso 219.000.

Ma nonostante questi numeri, c’è chi non parla assolutamente di crisi ma di periodo di consolidamento, come capita quando un mercato diventa maturo, ma non per questo meno interessante.

A sostegno di questa tesi c’è il dato che riguarda gli utenti, sempre molto numerosi, nonostante i nuovi contenuti siano diminuiti. Ciò dimostra due cose: che in rete ci sono ancora podcast interessanti e talmente vasti da offrire ampia scelta, e che la domanda di contenuti è rimasta inalterata.

Se si guardano le percentuali relative agli ascolti negli Stati Uniti, il 2022 ha rilevato un calo dal 28 al 26%, perciò non si può certo parlare di crisi. Anche in Italia la percentuale di chi ascolta podcast è del 28%, ma in questo caso con forti previsioni di rialzo, con un ascolto medio di 22 minuti, anche se per la maggior parte si tratta di fruitori gratuiti.

Da un lato, dunque, gli ascoltatori italiani rappresentano un volume ragguardevole ma, dall’altro, l’audio advertising è ancora molto indietro, con un valore attuale di 20 milioni di euro, che equivale all’1% del totale di digital advertising, ma con forti previsioni di crescita. Anche se il passaggio da podcast come contenuto di marketing e informazione a vero e proprio contenuto premium monetizzabile pare ancora lontano.

Ciò che non cambia è la continua ricerca di qualità, per qualsiasi contenuto si tratti, così come la popolarità e la competenza dei creator. Detto questo, i podcast di gran lunga più ricercati e richiesti sono quelli più curati e approfonditi, studiati e specializzati, indirizzati ancora ad un pubblico ristretto, perciò con contenuti formativi, che dunque si prestano anche ad avere all’interno un contenuto commerciale.
Sono proprio questi i branded podcast, che hanno il compito di aiutare gli sponsor commerciali a raggiungere consumatori più specifici.

Se inizialmente si trattava di prodotti di nicchia, ora stanno attirando l’attenzione di tanti marchi, che hanno deciso di seguire questa direzione con lo scopo di catturare fette di pubblico apparentemente irraggiungibili.